(Firenze 1500-71) orafo, scultore e letterato italiano. Temperamento impetuoso ed egocentrico, condusse vita avventurosa, rimanendo spesso implicato in risse e delitti. Soggiornò a Roma dal 1519 al 1540, protetto da Clemente VII (che lo nominò maestro della zecca pontificia) e da Paolo III; nel 1538, per essersi attirato l’odio di Pier Luigi Farnese, fu imprigionato in Castel Sant’Angelo, da dove fuggì. Riconsegnato al papa, fu liberato per l’intercessione del cardinale Ippolito d’Este e, nel 1540, si recò in Francia, al servizio di Francesco I, dove cesellò la celebre saliera d’oro e collaborò alla decorazione del complesso di Fontainebleau. Nel 1545 tornò a Firenze, sotto la protezione del duca Cosimo, ma la rivalità di alcuni artisti fiorentini gli rese la vita difficile. A questo periodo appartengono le sue sculture più notevoli: il Perseo, il busto di Cosimo I, il ritratto bronzeo di Bindo Altoviti.La sua concezione della vita e dell’arte, non più classica ma manieristica, trova la sua espressione letteraria non tanto nelle Rime quanto nella Vita (composta nel 1558-66 e pubblicata nel 1728) e negli scritti d’arte (Trattati dell’oreficeria e della scultura, 1568; Discorso sopra l’arte, Ricordi di cose d’arte, 1545-69). Capolavoro del C. scrittore, la Vita consta di 2 libri (di 128 paragrafi il primo; di 113 il secondo, incompiuto) e fu dettata a un garzone di bottega, Michele di Goro Vestri, in uno stile disordinato e fervido, ricco di elementi popolari. Da essa, sia pure in termini idealizzati, emerge la figura dell’uomo e dell’artista e, soprattutto, esce il primo esempio di opera autobiografica, cui la necessità autoapologetica conferisce la tensione di un’invenzione romanzesca. Il libro divenne celebre dopo che G. Baretti ne ebbe parlato in termini entusiastici sulla «Frusta letteraria» del 15 dicembre 1763.